Molte storie raccontano delle nostre qualità e di come vengano valorizzate, anche quando ridotte ai minimi termini e molte storie si trovano nella musica. Leon Fleisher, uno dei più grandi pianisti del secolo scorso, a 37 anni nel pieno della carriera, scopre di avere la distonia focale: è una malattia di cui si sa poco, che blocca le dita e non le fa contrarre ed estendere a piacimento, le dita fanno un po' come pare a loro, e quando è così puoi dire addio al pianoforte. La sorella minore del Parkinson, così la chiamano, prende a Leon due dita della mano destra: mignolo e anulare, due dita fondamentali nell'esecuzione pianistica, ma Leon non s'arrende. Il suo è un esempio di tenacia, determinazione, flessibilità, innovazione fuori del comune, roba sovrumana: non mollare per cinquant'anni, di seguito, e lavorare per un continuo adattamento, una costante ricerca, una infinita trasformazione delle proprie qualità; impara a suonare valorizzando all'estremo la mano sinistra, rinunciando a tutto il repertorio a due mani, diventando prima direttore d'orchestra poi insegnante di musica, ma tenendo il piano lì, la sua Itaca, cercando di trovare una nuova strada interpretativa. Dopo innumerevoli cure, medicine, trattamenti, non guarito del tutto, arriva al suo nuovo registro interpretativo a due mani, un registro di una profondità commovente, un esempio straordinario di cosa possa partorire la tenacia, la flessibilità e la consapevolezza di sé. "Non m'importa se il suono non è perfetto, importa che arrivi da me". All'alba dei novant'anni Fleisher torna alla sua Itaca, ma forse è un'isola diversa, più bella, a giudicare dalla struggente interpretazione di questa cantata di Bach, dove le due dita ancora in parte contratte, si mettono però al servizio della tenacia e flessibilità di Leon.

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